domenica 10 dicembre 2017

Commemorazione del 100° anniversario dell'affondamento della SMS Wien.

Discorso del Presidente della Società Triestina di Cultura Maria Theresia, dott. Luciano Santin.

Si concluderà, nel 1918, la serie di commemorazioni della Prima Guerra mondiale. Questi quattro anni sono serviti a riportare alla luce, almeno in parte, la verità in merito a quello che accadde allora qui.
Sapete che la storia di Trieste e del Litorale è stata oggetto di pesanti mistificazioni a partire da quel famoso 24 maggio in cui l’esercito dell’Italia, entrata in guerra contro l’Austria, ufficialmente “marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera”.
C’era non poca gente, non parlo dei triestini, naturalmente, ma molti italiani sì, che credeva alla tesi della necessità difensiva: l’Italia è stata attaccata dall’Austria. Magari in buona fede, e facendo confusione con l’avanzata austriaca dopo Caporetto e anche con l’occupazione nazista dal ’43 al 45.
Allora, per un minimo di correttezza, si è dovuto preliminarmente spiegare chi ha dichiarato guerra a chi, ponendo un punto di partenza per qualunque riflessione seria e onesta.
Poi si potrà valutare se la guerra è stata giusta, inevitabile, santa, o insana, subita e maledetta.
Forse finalmente qualcuno si è chiarito un po’ le idee e guarda al 1914-18 come a un mostruoso e insensato olocausto: milioni di vittime umane sacrificate sull’ara di dei maligni: il nazionalismo, l’ambizione di regnanti e gerarchie militari, gli interessi dei fabbricanti e dei mercanti d’armi.
Ed è anche cambiato, almeno in parte, l’atteggiamento verso la tanto glorificata guerra di redenzione, il nobile lavacro di sangue necessario a riscattare Trieste e Trento.
Si è chiarito che c’era una volontà di espansione imperialistica che non si sarebbe fermata ai luoghi dove circolava la lingua italiana. Infatti continuerà nei lustri successivi.

Qui probabilmente lo sappiamo tutti, ma ripetiamolo una volta di più. Il regno sabaudo entrò in guerra, nel 1915 con il patto di Londra, un documento segreto, di cui erano a conoscenza soltanto il re, il primo ministro Salandra e il ministro degli esteri Sonnino.
Sarebbe dovuto rimanere segreto in eterno, anche perché erano stati tenuti all’oscuro e messi fuori gioco, il Parlamento e persino il governo. L’accordo fu conosciuto solo quando scoppiò la rivoluzione russa e i bolscevichi lo tirarono fuori.
Bene, con il patto di Londra all’Italia veniva assicurato il controllo sull’Adriatico orientale, inclusa Valona in Albania, e persino la zona di Adàlia, in Turchia, dove gli italiani da liberare erano pochini, ma in compenso c’erano risorse carbonifere. Poi i Savoia avrebbero ottenuto anche territori africani, dopo la spartizione delle colonie tedesche.
Far riemergere queste cose ha gettato una nuova luce sul concetto di redenzione, di unione di Trieste alla patria, cui pure, qualcuno, non molti, aveva creduto, in buona fede.
Eppure Giovanni Giolitti il più grande statista dell’Italia sabauda, aveva vaticinato, pubblicamente, una cosa: fuori dal nesso statuale asburgico, Trieste sarebbe stata rovinata.
Ma il tentativo di Giolitti di tenere l’Italia fuori dalla guerra, lo sappiamo, fallì.

E’ stato fatto, dicevo, un positivo lavoro di revisione. Per arrivare alle tombe dei nostri caduti che hanno combattuto per la patria, alcuni dei quali ricordiamo oggi, è stato spalato tanto fango.
Ma attenzione, siamo appena all’inizio.
La storia insegnataci a scuola - parlo dei miei anni, ma credo che parecchio si sia poi fissato come vulgata ufficiale – la nostra storia corrente recitava: nel 1918 Trieste viene accolta dall’abbraccio italiano, il lungo periodo di dominazione straniera è finito, e inizia un avvenire migliore.
Anche in questo caso, è esattamente il contrario. Senza voler fare dell’antisciovinismo, inizia un periodo peggiore. Che si è lumeggiato facendo apparire i crimini del fascismo come marachelle.
Certo, nascondere l’invasione della Slovenia, i paesi bruciati e i resistenti uccisi, le leggi razziali era un po’ difficile, ma si è pensato bene di addossarne le responsabilità ai tedeschi, che hanno traviato gli italiani brava gente. E’ stato rispolverato Collodi per scrivere la favola del fascista Pinocchio e del nazista Lucignolo.
Invece la storia vera è altra, e ha arrecato danni spaventosi a queste terre. Certo, hanno giocato un ruolo pesante lo scontro tra Oriente e Occidente sul confine di Trieste, e anche la rottura del ’48 tra Mosca e Belgrado, che qui si è scaricata con particolare virulenza. E ci sono state, inevitabilmente, corresponsabilità anche triestine.
Con il 2000 siamo usciti dalla palude tossica in cui eravamo sprofondati, e ci stiamo riaprendo al nostro mondo, che è un mondo europeo. Questo processo di riemersione da qualche ambito è avversato, forse perché tutto ciò che è europeo lede l’esclusività italiana di Trieste.
Noi possiamo - dobbiamo – proseguire in un discorso di revisione pacata, che permetta di capire come gli errori e gli orrori del secolo scorso abbiano nuociuto a tutti. Italiani e slavi, e austriaci, colori politici neri, rossi, bianchi.
Al netto delle responsabilità, che ovviamente non sono ininfluenti, la nostra partita doppia è in perdita rovinosa.
Occorre allora che rivisitiamo la nostra storia patria, così segnata dagli interessi delle potenze e delle ideologie, cercando di purificare la memoria. Di smaltire quell’odio che è stato seminato e coltivato. Perché si è cercato di acutizzare i dolori, si è gettato sale nelle ferite, per infettarle, a fini politici e nazionali.
Dobbiamo uscirne, ricordando il passato per evitare di ripeterne gli errori, ma cercando di ripartire da ciò che siamo stati, in una nuova prospettiva europea.
Con nostalgia del futuro, e fiducia nelle parole di Slataper, fratelli, noi vogliamo amare e lavorare.

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